Ora di Narrativa.
Costeggiando perimetralmente l’aula, leggo a voce alta il testo integrale del romanzo scelto per l’attività.
La classe monoetnica, trenta cinesi obbedienti e disciplinati, si astiene quasi dal respirare, per non disturbare.
La concentrazione è alta, la tensione tangibile, il pathos siede in cattedra al posto mio.
All’improvviso, nel silenzio da chiesa, una vocina.
“Pciù pciù! Ehi, piccolino! Pciù pciù! Vieni, piccolino!”
Alzo gli occhi dal libro, li sguinzaglio in una rapida ronda visiva, ma niente. Tutto è immobile, tutto tace.
Riprendo la lettura, abbasso la voce per costringere l’auditorio a una maggiore concentrazione, mi faccio doviziosa di gesti ed espressioni, attraggo a me e tento di trattenere le sessanta orecchie, quando “Pciù pciù! Ehi, piccolino! Vieni piccolino! Qua, vieni qua!” sento di nuovo.
E infine la vedo.
La cinesina più diligente e silenziosa, la studentessa più affidabile e impegnata che abbia in classe, ha il volto verso la finestra aperta, la bocca direzionata verso il cortile della scuola e cerca di attirare l’attenzione di un micio bianco e nero che, placido e sinuoso, lo attraversa.
Con me, anche tutti gli altri se ne accorgono, per cui “Uh, bellino il gattino! Ehi, gattino! Bel gattino! Vieni gattino!”
Nel momentaneo scompiglio affettuoso, tra le vocine garrule delle ragazze e le risatine in falsetto dei ragazzi, m’inserisco io e, con finta distrazione, butto là la domanda che da tutta la vita desidero rivolgere a un cinese.
“Ragazzi, scusate, vorrei chiedervi una cosa che mi tormenta da sempre: ecco… spero di non offendervi, ma insomma… vorrei sapere… è vero quello che sostengono gli italiani, cioè che voi cinesi… ecco… insomma… però non ve la prendete eh… forse non è che una diceria… insomma… è vero che voi…ehm… mangiate i gatti?”
“Cosa?! Noi, mangiare gattini?! Ma no, profe! Cosa dice! Noi non mangiamo i gatti! Noi amiamo i gatti! Noi…”
“Davvero, ragazzi? Oh, che magnifica notizia! Pensate che qui a Firenze tutti sostengono che voi cucinate e mangiate i gatti e che li servite anche nei vostri ristoranti! Oh, che sollievo che mi state dando!”
Sollievo vanificato nel momento in cui giunge la rettifica: gatti no, cani (preferibilmente arrosto) sì.