Quando son solo in casa e solo devo restare, per finire un lavoro o perché ho il raffreddore, c’è qualcosa di molto facile che io posso fare: è accendere la radio e mettermi a ascoltare.
Finardi cantava questa canzone dai contenuti eterni quando io andavo in quinta elementare.
La radio per me è (ancora) più di tutto: più della televisione, più dell’i-pod, più del computer.
Il primo ricordo che ho di mio padre lo ritrae in cucina la domenica mattina a cercare la hit parade di Lelio Luttazzi su un apparecchio ingiallito e marroncino.
Il primo gesto delle mie mattine è accendere la Tivoli al gabinetto e fare la pipì in compagnia di Shostakovich.
Per questo cerco sempre di dire no a chi tenta di mettermi davanti alle telecamere, ma esclamo un sì convinto a chi mi propone di cavalcare una frequenza.
Questo pomeriggio, dalle 15:40 per un’ora, il giornalista Gabriele Ametrano m’intervisterà a Rete Toscana Classica (90.2, 93.1, 93.3, 94.6, 97.5, in replica lunedì 27 luglio ore 10:40, in streaming su www.retetoscanaclassica.it).
Questa sera, alla consueta ora nostra, i saluti con Vic su Radio DeeJay per l’ultima puntata prima delle vacanze estive.
Mai come adesso è il caso di dire ci sentiamo.
E ci salutiamo con le parole di quella canzone deliziosa e veritiera.
Amo la radio perché arriva dalla gente, entra nelle case e ci parla direttamente. E se una radio è libera (ma libera veramente), mi piace anche di più, perché libera la mente.