Con la scusa di presentare il mio ultimo libro alla comunità di genitori della parrocchia fiorentina di San Jacopino in Polverosa, sono entrata dopo trent’anni che non lo facevo nella stanza di un prete.
C’era profumo di cenci di Carnevale fritti e inzuccherati da poco dalla sua mamma, c’era la voce di un cane col nome della prima donna che mangiò la mela, c’erano libri nuovi e mobili antichi. C’era il pavimento a losanghe e greche colorate come piace a me, il quadro del povero d’Assisi con il viso affilato dagli stenti e l’occhio mite, una foto per ogni giorno da non scordare, quando divenni diacono, quando ero magro, quando ero parroco di campagna, quando incontrai Wojtila.
C’erano tutti i miei ricordi di ragazzina e più di tutti c’era quello di un giorno in cui, affacciata alla finestra del prete di allora, mi voltai verso di lui e gli dissi: “Oh, non guardarmi le mutande, eh”.
E raccattai sulla gota lo schiaffo che meritavo.
Nella stanza del prete
Pubblicato il 22 febbraio 2011 da admin