Nel centro di Firenze questa sera si disputava una caccia al tesoro a squadre. Quattro, presumo. Anche se io ne ho viste soltanto due: i Rossi e i Neri. Tutti americani, immagino. ‘Xcuse me, Santha Crhosce? Mah, io se non mi fanno la domanda rispettando le regole grammaticali non gli rispondo. Ma non perché sono stronza. Perché sono pìssera. A me la domanda me la devi fare nell’osservanza della costruzione sintattica dell’interrogativa anglosassone. Ci vuole il do? E allora ce lo devi mettere. E il do va messo prima del pronome e del verbo? Ovvia, allora fai le cose a modino: Excuse me, do you know where is Santa Croce Church, please? Allora io capisco. E allora io ti rispondo, anche volentieri, sempre nel rispetto della norma grammaticale: Yes, I do, look: just at the end of this street, straight on, good evening, you are welcome. Perdìo. Invece quel soggetto che viaggia spesso di fianco a me la grammatica non la sa però c’ha l’intuizione ed è aperto all’improvvisazione. ‘Xcuse me, Santha Crhosce? Oh, yeah: there! Poi mi fa: hai visto? C’è una caccia al tesoro in città.
E così mi torna in mente quando le cacce al tesoro si facevano a Gastra, al campeggio estivo della parrocchia, e ce le organizzavano i grandi, che oltre a grandi erano pure sadici bene, e si divertivano un monte a complicarci la vita con domande impossibili, gare di resistenza e prove al fulmicotone. A volte la caccia al tesoro durava una notte intera, sicché con le torce via per i greppi, giù in fondo ai boschi, scarpe grosse e pantaloni lunghi per non graffiarsi le gambe, ogni tanto una sosta appuntellati a un albero per baciare quello che ci piaceva e poi via su di nuovo verso il monte, o alla base stabilita per le prove di cultura generale, o nei luoghi meno probabili per cercare il premio finale. Nove volte su dieci il tesoro era nella pancia squartata dell’albero cavo, un nocio, o forse un castagno, no, una quercia, una quercia di dimensioni epocali che non so cosa aveva schiantato a metà lasciandola aperta e concava, perfetta per custodire un pacco, una scatolina, un biglietto su cui c’era scritto il lemma che c’inebriava: tesoro.
Era una notte di odori e di emozione, di batticuori e paura del buio, di competizione e condivisione.
Non esisteva ancora quel film, non avevo ancora letto quei versi, non conoscevo ancora quel poeta, eppure avevo netta in me quella convinzione: “Andai nei boschi perchè volevo vivere con saggezza e in profondità e succhiare tutto il midollo della vita, sbaragliare tutto ciò che non era vita per non scoprire in punto di morte che non avevo vissuto.”
Caccia al tesoro
Pubblicato il 29 luglio 2011 da admin