Antonella Landi nasce a San Giovanni Valdarno il primo giorno di febbraio del 1966. Nello stesso anno, il fiume esonda e dà luogo ad una delle più terribili alluvioni mai verificatesi sul territorio nazionale. Da qui, la domanda che frequentemente le verrà rivolta nella vita: “Ma che t’ha portata la piena?!”. Una prima ipotesi onomastica si orienta verso il mondo della fiaba: la piccina dovrebbe infatti chiamarsi Alice, come quella che (sotto l’evidente effetto di sostanze proibite dalla legge) compie il curioso viaggio nel paese delle meraviglie. Una vicina di casa però s’intrufola nella decisione solitamente riservata ai genitori e sentenzia: “Conosco un’Alice, di Faella: è scema”. All’ufficio anagrafe, quindi, l’ignara neonata viene registrata coi nomi di Antonella, Nella e Dosolina e con la speranza che venga su intellettualmente non dico dotata, ma almeno normale.
Alle scuole elementari, Antonella cambia due insegnanti: in prima e in seconda la maestra Anna, che le fa scrivere per un biennio comodo la frase “La mia casa ha il tetto, il muro, la porta”; in terza, quarta e quinta la maestra Sara, che le insegna la grammatica e la spedisce per le classi a leggere i propri temini a studenti allibiti. Tra i contenuti ritenuti più scioccanti, la bambina –all’età di otto anni- sostiene di voler andare a vivere da sola, senza i genitori. Alle scuole medie, Antonella è un’adolescente sottoposta a violento bombardamento ormonal-emotivo: delle materie curriculari le interessano solo quelle umanistiche. Ella macina frasi su frasi di analisi grammaticale, logica e del periodo, trascura completamente la matematica, tenta qualche traduzione dall’inglese e sogna di cambiare il mondo. Nel tempo libero, frequenta l’oratorio e inizia a pomiciare. A quattordici anni la troviamo seduta tra i banchi del Liceo Classico: ci si è iscritta esclusivamente per fare dispetto alla sua professoressa di matematica e per dimostrare a suo padre che la professoressa di matematica è incapace (oltre che di fare il suo mestiere) di valutare le persone. Sono anni di studio appassionato, trascorsi in stretta intimità con i poeti. Alla domanda “Cosa vorresti fare da grande?”, lei risponde “Tutto, escluso l’insegnante”. Il sogno della Landi è infatti diventare giornalista: negli anni dell’università ella collabora con una testata aretina. Il contatto quotidiano coi politici della vallata la illumina sul livello umano con cui sarebbe costretta a confrontarsi qualora decidesse di persistere in quel futuro professionale. Iniziano ad insinuarsi in lei corposi dubbi. La sua esistenza subisce un primo, travolgente mutamento di rotta con l’arrivo in dono del cane che ella ha sempre sognato: si tratta (ma solo all’apparenza) di un beagle. Dietro il nome d’arte “Nello” si nasconde in realtà un celebre esponente della corrente filosofica presocratica. Chiara e illuminante si fa a questo punto per lei la lettura del mistero della vita. La vita è bella solo se si ha un cane con cui condividerla. Sette mesi dopo il conseguimento della laurea in Lettere, ad Antonella viene proposto un incarico annuale presso una scuola privata fiorentina, riconosciuta legalmente e parificata. Un po’ per scherzo, un po’ per testare la prospettiva ottica dall’altra parte della barricata, ella accetta di entrare in classe e di sedersi alla cattedra: come accade per i più grandi amori, ode il suono delle campane (con l’interferenza di un coretto da stadio qui non riferibile), vede illuminata la via di Damasco e capisce che quello è il mestiere perfetto per lei. Dopo due anni di mero sfruttamento professionale, Antonella Landi (sempre per scherzare) inserisce il proprio nome nelle graduatorie provinciali di Bergamo. “Tanto non mi chiameranno mai” si dice. La chiamano immediatamente.
Per cinque anni la Landi (col cane Nello) resta in Lombardia. Vi matura una spontanea conversione calcistica (alé alé alé, viola alé), conosce persone squisite e originali, impara a convivere con la solitudine e la nostalgia, arricchisce il proprio bagaglio lessicale (“La compagnia del fil de fer l’è ‘ndacia in Fransa/ L’è ‘ndacia in Fransa a laurà con la Gigiotta/ E la Gigiotta la g’ha ol pipì e una palanca/Se mi so cioc menime a ca’ co’ la careta/ Caro te ciucemel a me che so ol to nono”). E quando il Ministero della Pubblica Istruzione bandisce l’ultimo Concorso Ordinario per l’insegnamento, ella decide di volerlo sostenere nella sua Toscana. Si abilita a Lucca e torna finalmente a vivere a Firenze. Insegna nelle scuole superiori con incarichi annuali, aspettando l’immissione in ruolo con l’approccio roseo alla vita che la contraddistingue. L’immissione in ruolo arriva, ma alle scuole medie. L’approccio roseo alla vita che la contraddistingue, smette improvvisamente di contraddistinguerla. L’incontro coi nuovi studenti di undici anni la tramortisce: costoro la smanacciano, pretendono di sbaciucchiarla e usano la dicitura “mamma” per rivolgersi a lei, dandole del tu. Rientrata a casa da una mattinata più impegnativa del solito, Antonella apre un blog. Blog, dall’inglese contratto “web-log”, ossia “traccia su rete”: una sorta di diario on-line privo di limitazioni spazio-contenutistiche, un quaderno infinito dove narrare (romanzandolo) il proprio vissuto e darlo in pasto a una platea di anonimi lettori. Contrariamente ad aspettative che peraltro non aveva, il blog “Profe, mi giustifico!” balza in vetta alle classifiche e viene notato da una casa editrice. Quando Mondadori contatta in privato Antonella per proporle la pubblicazione di un libro sulla scuola, costei pensa a uno scherzo dei suoi ex studenti e ride. Un anno dopo il libro è sugli scaffali delle librerie d’Italia. Nel 2008 Antonella scrive un secondo libro: una rilettura umoristica e scanzonata della letteratura italiana dalle origini a D'Annunzio. Radio Deejay le propone interventi settimanali nel programma Vikypedia: ogni mercoledì, all'ora di cena, una microlezione di Italiano o di Storia. Ottenuto il passaggio di ruolo, nel 2008 la Landi torna ad insegnare Lettere negli istituti superiori. Collabora occasionalmente con riviste di vario argomento. Dal 2008 regolarmente firma la rubrica "I quaderni della Profe" sulle pagine fiorentine del Corriere della Sera. Nel 2010, sempre per Mondadori, esce la sua terza pubblicazione, un pamphlet dal titolo “Tutta colpa dei genitori”. Nel 2012 per Einaudi cura l’edizione scolastica del romanzo di Niccolò Ammaniti “Io e te”. Per il gruppo editoriale Zanichelli-Loescher-D’Anna, in collaborazione con una collega e amica, sta attualmente realizzando un’antologia destinata al biennio delle superiori. Insegna presso il Liceo Artistico di Porta Romana, a Firenze. |
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